Ci sono eventi che contribuiscono a
chiarire, più di cento chiassosi dibattiti, come stanno le cose in quel
verminaio che è diventato la politica italiana.
Mi riferisco a ciò che l’esito delle
cosiddette primarie del Partito democratico ha finito per determinare a Milano,
dove Giuseppe Sala, uomo dei poteri forti, ha sbaragliato i finti concorrenti
(Balzani e Majorino), entrati in lizza – ora è chiaro – soltanto per catturare
i voti di quella parte dell’elettorato Dem che per decenza non se la sarebbe
sentita di sostenere l’ex city manager di Letizia Moratti.
Balzani e Majorino hanno
scrupolosamente evitato di coalizzare le proprie forze per puntare su una sola
candidatura che potesse seriamente puntare alla vittoria.
Come ognuno sa, la pantomima ora si è
conclusa con la dichiarazione dei due perdenti e di Giuliano Pisapia – vero
artefice dietro le quinte di tutta l’operazione – che Sala sarà il candidato di
tutti, con il plauso di Matteo Renzi.
Dunque nel capoluogo lombardo i
cittadini che a giugno saranno chiamati a scegliere il nuovo sindaco e la nuova
amministrazione si troveranno davanti tre candidati sindaci (Parisi, Passera,
Sala), tutti espressione genuina della Milano degli affari, delle costruzioni e
delle banche; tutti quanti alfieri dei più radicali processi di privatizzazione
(dalle aziende pubbliche ai servizi sociali).
Il disastro che si è prodotto chiarisce
anche quanto opportunismo, quanta cattiva coscienza e quanta subalternità vi
siano in quelle forze (da Sel ai transfughi dal Pd) che stanno dando vita a
Sinistra italiana e ora si apprestano a portare acqua al mulino dei padroni di
Milano.
Del resto, cosa aspettarsi da chi ha
come massima ambizione quella di restaurare il centrosinistra?
Ebbene, ora tocca alla vera sinistra
milanese, quella che ancora ha le proprie radici nel lavoro, rimboccarsi le
maniche e coagulare un fronte di cittadini intorno ad un programma di
rinnovamento sociale e a candidature che lo sappiano esprimere e rappresentare.
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