Non c’è terreno su cui Renzi
venda fumo come quello economico-sociale.
Abbiamo già dimostrato quanto
siano fraudolenti i risultati occupazionali millantati con il Jobs act.
Ci si sofferma di meno sul
tema cruciale della politica economica e dello sviluppo, che Renzi, da buon
adepto del dogma liberista, affida totalmente al “libero” gioco del mercato.
Programmazione, politica
industriale, intervento della mano pubblica sono concetti del tutto
sconosciuti, anzi, messi al bando.
Proviamo a riassumere,
attraverso una carrellata veloce, cosa è successo al nostro settore manifatturiero,
alla nostra industria e capiremo dove ci stanno portando questi capitani di
sventura.
L’Alumex, acquisita dall’Acoa
americana è stata chiusa; le acciaierie di Terni acquisite dalla tedesca ThyssenKrupp ridimensionate, mentre lo
stabilimento di Torino, dove sono stati uccisi in modo orribile sette operai, è
stato chiuso; l’Italtel è stata divisa tra Siemens, tedesca, e un fondo
pensioni della Cisco, americana, in parte chiusa e in parte drasticamente
ridimensionata; l’Italsider (acciaierie di Taranto e Genova più altre) è stata portata
alla rovina dai Riva; la giapponese Hitachi giapponese si è presa L’Ansaldo
Breda e l’Ansaldo STS; Pininfarina ha venduto all’indiana Mahindra: vedremo
cosa accadrà, ma già lo stabilimento di Carini, in provincia di Palermo, verrà
dismesso.
E’ finita? Nemmeno per sogno!
Rex e Zoppas sono passate
alla svedese Electrolux, Parmalat alla francese Lactalis, Ariston e Indesit, di
proprietà della famiglia Merloni, alla statunitense Whirlpool, Ducati e
Lamborghini sono finite sotto l’egida di Volkswagen, Fiat è di Chrysler,
Italcementi se l’è presa il colosso tedesco Heidelberg, mentre Chem China, un
impresa che fa direttamente capo al governo cinese, è divenuta il nuovo socio
forte che controlla Pirelli: qui accade addirittura che il governo cinese possa
decidere di comprare un’azienda italiana senza che al governo italiano venga neppure
in mente discutere se l’operazione convenga agli interessi nazionali.
Dunque, benvenuti al
supermercato Italia, dove tutti i pezzi pregiati dell’industria italiana sono
in svendita.
Si badi: le aziende straniere
che stanno facendo manbassa del nostro patrimonio non sono partecipazioni
finanziarie che puntano a importanti dividendi. Molto di più: esse puntano
all’acquisizione di tecnologie e competenze non replicabili, che volano via
insieme alla nostra manodopera più qualificata.
Il fenomeno ha assunto ormai
proporzioni gigantesche, che parlano di un ridimensionamento strutturale in
quantità e qualità del nostro apparato industriale.
Insomma, liberi tutti e si
salvi chi può. Si salvi, cioè, chi può vendere il proprio patrimonio e scappare
perché la ripresa in Italia non c’è e non ci sarà a dispetto dell’euforia
renziana: lo zero virgola di recupero dopo aver perso il 10% in sette anni è
solo un segno contabile.
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