In
un recente rapporto di McKinsey non innocentemente ignorato da quasi tutta la
stampa italiana si trova una cosetta che inchioda alle proprie responsabilità i
propugnatori del presente ordine mondiale sotto il tallone del capitalismo.
Lo studio di McKinsey
ha preso in esame le 25 economie più ricche del pianeta. C'è dentro tutto
l'Occidente più il Giappone. In quest'area si mostra come nel decennio compreso
fra il 2005 e il 2014 fra il 65% e il 70% della popolazione si ritrova a fine
corsa con redditi fermi o addirittura in calo rispetto al punto di partenza. Il
problema coinvolge tra 540 e 580 milioni di persone, una platea immensa. Non
era mai accaduto nulla di simile nei 60 anni precedenti, cioè dalla fine della
Seconda guerra mondiale. Tra il 1993 e il 2005, per esempio, solo una minuscola
frazione della popolazione (2%) aveva subito un arretramento nelle condizioni
di vita. Ora l'impoverimento è un tema che riguarda la maggioranza. Ebbene, in
questa non esaltante gara l'Italia ha il primato: è in assoluto il paese più
colpito: il 97% delle famiglie italiane al termine di questi dieci anni è ferma
si ritrova al palo o con un reddito diminuito. Al secondo posto arrivano gli
Stati Uniti dove stagnazione o arretramento colpiscono l'81%. Seguono
Inghilterra e Francia.
Sta meglio la Svezia,
dove solo una minoranza del 20% soffre di questa sindrome. Ciò che fa la
differenza, alla fine, è l'intervento pubblico che da noi è stato cancellato
per premiare le presunte virtù del privato. In Italia, guardando ai risultati
di questa indagine, non vi è traccia di politiche sociali che riducano le
diseguaglianze o compensino la crisi del reddito familiare.
L'altra conclusione
del Rapporto McKinsey riguarda i giovani: questa generazione ne è consapevole,
l'indagine lo conferma. Perché ha introiettato lo sconvolgimento delle
aspettative. In altri termini: non ha alcuna speranza di migliorare la propria
condizione, pensa di non avere diritti, che si possa andare avanti solo grazie
a qualche favore e mettendo cinicamente i piedi sulla testa degli altri che si
trovano nelle medesime condizioni.
A questo sono state
ridotte due generazioni, private di un lavoro, o di un lavoro decente, spinte a
pietire condizioni miserabili per sopravvivere o ad emigrare.
Le scelte compiute
dai governi di centrosinistra e di centrodestra hanno demolito col martello
pneumatico contratti collettivi, diritti sul lavoro, pensioni, sostegno
all’istruzione e tutto il sistema di protezione sociale.
Ora che il re è nudo
tutti possono capire quanto furfantesca fosse la propaganda sul Jobs act:
diminuiti i quattrini elargiti dal governo per chi assume sono ripartiti i
licenziamenti mentre il tasso di
disoccupazione continua a crescere.
L’Italia – stretta
fra i diktat dell’Ue e il servilismo codino del governo Renzi – va a picco.
Qualcuno però ci guadagna. Precisamente quelli che stanno in cima alla piramide
sociale, quelli che continuano ad arricchirsi, certi che nessuno li disturberà.
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