Nel confronto fra sostenitori
del “Sì” e del “No” al prossimo referendum che deciderà del futuro della nostra
democrazia e della nostra Costituzione se ne ascoltano delle belle.
Gli esponenti del Pd – i soli
a difendere il progetto di manomissione della Carta che porta la firma di Renzi
e Boschi – si sperticano in acrobazie degne dei migliori trapezisti, ma non ce
la fanno proprio a nascondere la polvere sotto il tappeto.
Il trucco più gettonato è
quello di nascondere che riforma del Senato e riforma elettorale sono due facce
di un’unica medaglia, di un progetto il cui obiettivo è quello di assicurare ad
una minoranza assoluta il controllo totale del parlamento, il trasferimento di
tutto il potere nelle mani del governo, il controllo del governo nelle mani di
un partito solo, anzi della maggioranza di quel partito o addirittura del
gruppo di cortigiani stretti attorno al capo supremo: un potere personale senza
limiti e contrappesi che permetterebbe di condizionare in modo decisivo anche
l’elezione degli organi di garanzia (Corte costituzionale, Presidente della
repubblica, Csm) e mettere le mani, più ancora di quanto già non avvenga, sulle
nomine degli enti di Stato(si pensi alla Tv e al ruolo di manipolazione
dell’opinione pubblica che attraverso di essa viene esercitato). Se ciò
avvenisse si compirebbe una profonda lesione della democrazia, una torsione
totalitaria senza ritorno.
La seconda frode è quella di
sostenere che fra la prima parte della Costituzione (i suoi principi
fondamentali) e la seconda (la forma dello Stato) non vi sarebbe alcun
rapporto. Mentre è vero l’esatto contrario: il progetto istituzionale previsto
dalla Carta del ’48 fu infatti concepito come apparato strumentale
indispensabile per attuare il progetto politico e sociale che sta a fondamento
della Repubblica.
Terza e forse più indecente
bugia. Dicono che il problema della nostra Costituzione è di non consentire la
rapidità della decisione e che per questo il nostro Paese è “ingessato”.
Costoro nascondono che il vero problema, di cui essi sono responsabili, non è
il cambiamento della Costituzione, ma la sua mancata attuazione.
Sono loro che hanno soppresso
lo statuto dei lavoratori, cancellato le pensioni di anzianità, devastato il
sistema di protezione sociale, fatto del mercato del lavoro una pacchia per i
caporali di ogni risma, ridotto la scuola pubblica ad un colabrodo, firmato
tutti i patti europei responsabili delle politiche di austerità e dell’impoverimento
popolare che sta negando il futuro a due generazioni. E ora vogliono concludere
l’opera.
Si capisce allora perché il
plauso a questa politica reazionaria e l’invito a votare “Sì” venga proprio
dalle classi dominanti: la Confindustria, con in testa quel benefattore di
Sergio Marchionne, le grandi banche d’affari, come J.P. Morgan, Goldman Sachs,
City Group, o come l’ambasciatore americano in Italia che si permette ancora di
trattare l’Italia come una colonia Usa.
Ecco dunque come tutto si
tiene in questo passaggio cruciale della nostra storia. Salvare la Costituzione,
dirgli di no, significa oggi imporre una battuta d’arresto al selvaggio
saccheggio dei diritti e dei beni comuni.
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