Ogni
giorno ci viene propinata dal governo e dai media ad esso asserviti una favola
frusta, quella che racconta di una imminente fuoriuscita dalla crisi: uno zero
virgola in più di pil, uno zero virgola in meno di disoccupazione, consumatori
che riprendono spensierati a spendere.
Insomma,
secondo lor signori, tutto, sebbene contro ogni evidenza, volge al meglio.
Peccato
che la realtà sia tutt’altra: la disoccupazione diminuisce solo per le
statistiche, in quanto molti, del tutto sfiduciati, il lavoro hanno smesso persino
di cercarlo; fra quanti trovano ancora lavoro, poi, non figurano i giovani,
strutturalmente rifiutati da un mercato del lavoro che offre prestazioni sempre
più precarie e sottopagate.
In
sette anni un quarto dell’apparato industriale italiano è andato distrutto,
come in una guerra; gli investimenti privati sono al minimo storico; le imprese
che reggono, ormai internazionalizzate, puntano solo sulle esportazioni, o si
delocalizzano, alla ricerca di nuovi margini di profitto, del tutto
disinteressate a sostenere lo sviluppo nazionale.
Mentre
la “mano pubblica”, cioè lo Stato, che dovrebbe avere fra i suoi compiti primari
quello di promuovere investimenti, buona occupazione e, per loro tramite,
tutela dei diritti fondamentali di cittadinanza si è invece inchiavardata nei
vincoli dei trattati europei che impongono il pareggio di bilancio, la
restituzione del debito a tappe forzate, l’esproprio e la privatizzazione di tutto
ciò che essendo pubblico dovrebbe invece essere difeso ad oltranza come
inalienabile patrimonio sociale (a partire dall’acqua e dal suolo fino ai
servizi essenziali).
Come
si vede, è l’intero impianto della Costituzione ad essere travolto da questa inarrestabile
deriva liberista.
Che
trova il suo necessario compendio nella cosiddetta riforma della Costituzione e
nella legge elettorale che consegnano il paese, il parlamento e tutti gli
organi di contrappeso istituzionale (dalla presidenza della Repubblica alla Consulta
al Csm) nelle mani di un solo partito e di un solo uomo.
Nel
prossimo autunno, con il referendum, si svolgerà una battaglia campale,
decisiva per le sorti della nostra democrazia.
Informare
di cosa si tratta, rendere i cittadini consapevoli della posta che è in gioco è
l’impegno che da oggi, senza perdere un secondo, dobbiamo portare in ogni
angolo del paese.
11 Gennaio 2016
11 Gennaio 2016
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