Governo-Renzi: affari & soprusi

“Basta ‘seguire il denaro’ e, presto o tardi, saltano fuori le impronte digitali e gli identikit dei veri padroni di questo governo di strette intese e larghe imprese”. Marco Travaglio si esprimeva così, sul Fatto Quotidiano di venerdì scorso e – francamente – non si poteva dire meglio.
Certo, per saperlo non occorreva quest’ultima puntata che ha avuto nel ministro ‘confindustriale’ Guidi solo la protagonista strumentale (e il capro espiatorio) di una catena clientelare che porta dritto al trust dei petrolieri, compresi quelli oggi inquisiti per traffico illecito di rifiuti pericolosi e disastro ambientale.
Al dunque, Renzi ha afferrato il sacco per la cima e ha dichiarato – da vero boss dei boss quale egli è – che si assume tutta la responsabilità (politica e morale) del decreto, cioè del misfatto: il classico atto di arroganza muscolare, tipico dei dittatori che colti con il sorcio in bocca, non si schermiscono, ma rivendicano.
Del resto, la costellazione dei poteri che hanno nel governo il proprio comitato d’affari è vastissima e il suo profilo chiarissimo sin dai primi passi del ras fiorentino.
Ricordate Davide Serra, il finanziere e sostenitore della Leopolda che mentre tuonava contro il diritto di sciopero operava dal paradiso of shore delle isole Cayman?
Ricordate il ferreo sodalizio Di Renzi con Sergio Marchionne, repressore del sindacato e distruttore di migliaia di posti di lavoro, cancellatore della Fiat auto, ora Fca con sede legale in Olanda, sede fiscale a Londra e cervello strategico a Detroit?
Ricordate quel Guido Poletti messo a fare il ministro del lavoro senza cognizione di causa ma solerte interprete degli interessi del sistema cooperativo?
Ricordate il ministro Lupi, che garantiva le azioni della Compagnia delle opere nell’esecutivo? O la stretta e non più dissimulata amicizia con Verdini, personaggio che solo con un generoso eufemismo si può definire opaco, ma che spadroneggia come un dioscuro nelle stanze dove si può ciò che si vuole?
Non passa giorno che brandelli di questa putredine non emergano dalle acque sempre più torbide in cui si muove la corte renziana.
Le cosiddette riforme che secondo Renzi l’Italia attendeva da venti, da cinquanta, ma che dico, da settant’anni, non sono che l’esproprio generalizzato del popolo e l’esautorazione della sovranità popolare che nelle sue intenzioni troverà il definitivo suggello attraverso il referendum istituzionale e il varo di una legge elettorale che imbavaglia il parlamento e consegna ad un solo uomo tutto il potere.

Capire il rischio mortale che corre la democrazia e la vita di ognuno e di ognuna è il primo, necessario passo per organizzare la rivolta.

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