Il neo-presidente
dell’Associazione nazionale magistrati, Piercamillo Davigo, è divenuto il bersaglio
di una vera e propria campagna denigratoria che ha coinvolto, come un sol uomo,
il Pd e la destra tradizionale, perfettamente concordi nel respingere con
sdegno le accuse che il magistrato ha rivolto ad un ceto politico in tanta sua
parte attraversato dalla corruzione.
Una corruzione non episodica,
ma eretta a sistema da un potere confiscato dalle classi dominanti che da quasi
trent’anni dominano la scena politica e dissanguano il popolo con sempre più
dure misure antisociali.
Davigo non è un
protomarxista, un bolscevico dissimulato. Ma un uomo che da sostituto
procuratore della Repubblica, dunque da una trincea esposta, ha potuto
constatare quanto sia pervasivo l’intreccio fra affari, politica e criminalità
organizzata; quanto le leggi vigenti siano costruite per consentire ai
malversatori di farla franca, come le prigioni trabocchino di poveri cristi e
siano invece sbarrate per i ricchi, per i potenti, per il personale politico ad
essi asservito.
Insomma, Davigo ha commesso
un delitto imperdonabile: ha detto la verità, incendiando la coda di paglia di
governanti, capibastone, cortigiani che vorrebbero mantenere le cose come stanno
per continuare a tenere la testa nella greppia.
Non potendo negare una realtà
che è ormai drammaticamente sotto gli occhi di tutti, costoro hanno usato la
tecnica della menzogna: “si fa di tutte le erbe un fascio… affermare che tutti
sono corrotti equivale a dire che nessuno lo è… i magistrati parlino poco e
facciano i processi”, ecc.
Già, quei processi che non si
concludono a causa dell’infame prescrizione e che manda assolti e impuniti i
ladri e i corrotti, persino quelli condannati in primo grado, per sovrapprezzo
lasciando il maltolto nelle loro sgrinfie.
Si badi, non stiamo
discutendo di quisquilie.
La corruzione, ci dice la
Corte dei conti, vale 60 miliardi all’anno; l’evasione fiscale ne aggiunge
almeno 120; la massa dei contributi accertati, ma non incassati dall’Inps
arriverà alla fine di quest’anno intorno ai 104 miliardi.
Sapete cosa vuol dire
permettere che questa infezione continui?
Vuol dire autorizzare i tagli
alla scuola, alla sanità, alle pensioni che – statene certi – torneranno presto
sotto la scure; vuol dire che i giovani di oggi, quelli che si barcamenano fra
un lavoro precario e l’altro, la pensione non la vedranno mai; vuol dire
demolire ciò che resta del nostro già malandato sistema di protezione sociale,
dei servizi pubblici, insomma, di ciò che la Costituzione definisce “diritti
fondamentali dei cittadini”.
Ecco di cosa stiamo parlando!
Ebbene, l’abbiamo capito:
Renzi e compagnia cantante vorrebbero una cosa precisa: una magistratura
asservita al potere; e una legge elettorale che metta tutto nelle mani di un
uomo solo: una cosuccia che trasforma la Repubblica democratica in una
monarchia assoluta.
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