Il
teatrino della compagnia di giro a cui si è ridotta la politica italiana,
l’insulso valzer intorno al vuoto che va in onda ogni giorno nei talk show
televisivi serve a nascondere ciò che dovrebbe invece essere al centro delle
preoccupazioni tanto di chi ha in mano il timone di comando quanto di chi
vorrebbe strapparglielo.
Invece
niente. Le cose fondamentali, quelle che decidono della vita reale delle
persone non contano nulla nel dibattito pubblico.
Vediamo
da vicino.
Dal
2008 la produzione industriale è crollata del 35% e gli investimenti quasi del
60%: una situazione catastrofica, paragonabile a quella in cui si trovò
l’Italia alla fine della seconda guerra mondiale. Ma della sistematica
liquidazione a prezzi di saldo dell’industria e della distruzione dell’economia
nazionale qui non si discute.
Gli
effetti sull’occupazione sono drammatici, il tasso di disoccupazione (quello
ufficiale, chiaramente sottostimato) supera l’11%, ma un altro 12% ha smesso di
cercare lavoro, sapendo di non poterlo trovare.
Per
i giovani va molto peggio: in media, più di 4 su 10 sono disoccupati, ma al sud,
abbandonato a se stesso, la situazione è ben peggiore e ogni anno 100mila ragazzi
e ragazze emigrano all’estero.
I
redditi da lavoro, salari e stipendi, continuano a calare e la povertà,
assoluta e relativa, cresce di mese in mese.
Nello
stesso tempo, benchè il governo cerchi di nascondere la verità, l’intero
sistema bancario, pieno di titoli tossici, è attraversato da una crisi profonda
che rischia di trasformarsi in una disfatta economica per milioni di piccoli
risparmiatori: quelle che pudicamente vengono chiamate “sofferenze bancarie”, che
spesso nascondono vere e proprie truffe ai danni dei risparmiatori ammontano al
18 per cento del totale dei prestiti bancari ed ad un quinto del Pil.
Le
ricette dell’Ue, le politiche di austerity imposte dal patto di stabilità e
perfettamente condivise – al di là di qualche chiacchiera di circostanza – dal
governo italiano, impediscono una politica di investimenti pubblici e - nello
stesso tempo - peggiorano persino la situazione debitoria dell’Italia, che le
politiche di tagli indiscriminati, secondo lor signori, avrebbero dovuto
migliorare. Così il debito pubblico è salito al 133% del pil, qualcosa come 2
miliardi e 300 milioni!
Il
risultato è che presto sarà necessario chiedere prestiti alla Bce e al Fmi per
andare avanti. A quel punto la morsa degli usurai si trasformerà in una
tagliola senza via di scampo e la troika governerà direttamente l’Italia, senza
bisogno di intermediari, proprio come in Grecia.
Basterebbero
queste elementari constatazioni per dimostrare che chi ci ha portato e chi ci
vuole far rimanere sotto il dominio di eurolandia persegue solo gli interessi
usurari del finanzcapitalismo.
Invece,
no! Qui da noi tiene banco la soap opera di una classe politica priva dei
requisiti indispensabili per reggere le sorti del paese: il Titanic affonda…e
l’orchestra suona sul ponte.
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