Dunque Gianni Cuperlo, detto cuor di leone, ha passato il guado ed è rientrato in buon ordine nei ranghi renziani, abbandonando la già tiepida pattuglia della sinistra interna che ha invece ribadito il suo No allo stravolgimento della Costituzione.
Cuperlo ha invece annunciato
il suo Sì, come conseguenza, così ha spiegato, dell’accordo da lui
personalmente raggiunto con gli uomini di Renzi per una futura modifica della
legge elettorale.
I punti che lo hanno convinto
alla giravolta sarebbero la disponibilità del Pd a rinunziare al ballottaggio
(purché venga istituito un sistema che garantisca ugualmente la governabilità);
poi l’attribuzione del premio di maggioranza alla coalizione e non più alla
lista (cioè al partito) e infine una soluzione che elimini i capilista
bloccati.
Ma se si elimina il
ballottaggio cosa accadrà ove la soglia del 40% necessaria per ottenere il
premio di maggioranza non venga raggiunta? Certo non vorranno tornare alla
redistribuzione proporzionale dei seggi. E allora cosa faranno? Abbasseranno
quella soglia in dimensioni così vistose da consentire l’incasso del premio a
minoranze ancora più risicate?
La seconda innovazione
consisterebbe nel ritorno al premio di coalizione, utile a dare fiato ad un Pd
ridimensionato dai recenti insuccessi elettorali e preoccupato che il
dispositivo inventato per il Pd medesimo finisca per favorire i 5 Stelle. In
questo modo si potrebbe ricompattare il centro-sinistra ed ottenere anche il
consenso di Berlusconi che vede nel premio alla coalizione la sola possibilità
di tenere insieme un centro-destra altrimenti diviso e condannato alla
sconfitta. Naturalmente, in cambio di un voto favorevole del caudillo di Arcore
alla riforma costituzionale.
Buio ancora più intenso sulla
questione dei capilista bloccati che farà del parlamento, ancora più di oggi,
un’accolita di nominati.
Cuperlo crede,
fortissimamente vuole credere, nelle promesse di Renzi, perché pensa che da una
sua sconfitta possa venire una caduta del governo e il declino del Pd a cui
tiene come le pupille dei suoi occhi. Ma le promesse di Renzi sono scritte
sull’acqua – come ha capito persino Bersani – e se c’è una possibilità di
mettere le mani sull’infame Italicum questa è proprio quella di votare No il
prossimo 4 dicembre e bocciare la revisione costituzionale.
Del resto, quanto a promesse
disattese, il Pd detiene un primato ineguagliabile, anche a proposito della
Costituzione.
Sentite cosa c’era scritto
nella Carta dei valori del Pd del 2008: “La sicurezza dei diritti e delle
libertà di ognuno risiede nella stabilità della Costituzione, nella certezza
che essa non è alla mercé della maggioranza del momento, e resta la fonte di
legittimazione e di limitazione di tutti i poteri. Il Partito Democratico si
impegna perciò a ristabilire la supremazia della Costituzione e a difenderne la
stabilità, a metter fine alla stagione delle riforme costituzionali imposte a
colpi di maggioranza”.
Sembra incredibile, ma è l’esatto opposto di quello che oggi
i rottamatori della Costituzione stanno facendo. Evidentemente la loro parola
vale come il loro screditato personale politico: niente.
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