Il segretario del Partito democratico,
nonché presidente del consiglio dei ministri, nonché promotore della riforma
anti-costituzionale, nonché munifico dispensatore di prebende, a dritta e a
manca, sta dando fondo alle più acrobatiche manovre al supremo scopo di
raccattare voti al prossimo referendum.
Poco importa che le coperture
finanziare non vi siano. Poco importa se l’Unione europea, rigida custode dei
propri dogmi monetari, negherà qualsiasi splafonamento del deficit.
Quello che conta è promettere
promettere promettere. Dare l’impressione, cioè sembrare, non essere.
In questo gioco spericolato
Renzi è maestro: fiutare l’aria che tira, muoversi con la scaltrezza dell’illusionista,
negare la realtà e inventarne un’altra, inesistente, ma fatta di parole
suadenti, condite col piglio e l’ostentata sicurezza dell’imbonitore, del
piazzista, certo di potere vendere a buon prezzo il proprio prodotto scadente e
riscuoterne il dividendo politico.
Dal ponte sullo stretto
all’abolizione di Equitalia, dalle pensioni ai contratti pubblici, dai bonus alle
forze armate e di polizia, Renzi cerca di strappare un consenso che sente
scivolargli via. Soprattutto egli intuisce che gli argomenti a sostegno della
manomissione costituzionale sono labili; fiuta che tanti cittadini, dati per
addomesticati, questa volta non stanno abboccando.
E allora si gioca tutto,
sapendo che il suo futuro politico è davvero in discussione in una mano sola.
Con l’azzardo e la spregiudicatezza del giocatore di poker prova a raccontare
la favola che da una sua caduta tanti, dagli industriali ai pensionati, dai
finanzieri ai dipendenti pubblici, dai ricchi ai poveri avrebbero solo da
perdere e il paese che lui sarebbe impegnato a salvare sprofonderebbe nelle
sabbie mobili.
Datemi tutto il potere, dal
governo al parlamento, consegnatemi la facoltà di fare e disfare le leggi da
solo, toglietemi l’intralcio di dovere fare i conti con una ingombrante
magistratura indipendente. Basta favoleggiare di pluralismo e di democrazia,
quando il problema è quello di decidere alla svelta e io solo posso essere il
depositario di una simile prerogativa, per amministrare il bene di tutti.
Se questo paese avesse
sufficiente memoria di sé e della propria storia non ci sarebbe partita. O
forse basterebbe ricordare l’insegnamento di Collodi, che raccontava di come la
volpe e il gatto turlupinarono Pinocchio convincendolo a seppellire le sue
monete d’oro nel campo dei miracoli, dove di lì a poco sarebbe sorto un albero
colmo di zecchini d’oro.
Si sa come finì.
Ebbene, dimostriamo a Renzi
che noi non siamo burattini di legno.
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